venerdì 22 agosto 2014

Dell'amore della morte

La prima volta che sei arrivato a casa eri un cucciolotto di pochi mesi, tutti li a coccolarti, a farti salire sul letto o divano, a ridere se scagazzavi in giro per casa.

Poi ti sei ingrossato e ingrassato più velocemente di una ragazza appena mollata dall'amore della sua vita... e la storia è cambiata.

Perchè poi non bisognava più dire ad un cucciolo di 3 kg di scendere dal divano, ma ad dobermann di 36...
"giù dal divano"---  "GRRRRR!!!"--- "No ma sta pur lì, ci hai ragione anche tu..... è tutto il giorno che lavoro seduto, la tv posso guardarla anche in piedi"
Tanto poi finiva allo stesso modo tutte le sere... a mangiar popcorn con una mano e a grattare una testa pelosa con l'altra.

Ci sono voluti tre anni prima che ti rendessi conto del tuo peso, cazzo, e nel mentre hai rotto due coccigi alla gente cui cercavi di saltare in braccio per fargli le feste, rotto due vetrate del balcone mentre correvi e saltavi sulle poltrone per festeggiare il mio rientro da dieci giorni di ferie e rotto la mensola bassa della libreria in cui non potevi più nascondere il tuo culone senza coda!

Per fortuna quella tua mole poi è stata anche utile per farsi due risate, come quella volta che hai fatto battere il record di discesa scale a dei testimoni di geova che erano entrati sul giroscale, chissà quanto hanno pregato Dio in quei 4 secondi usati per fare due piani di condominio.

O quando dei ladri di "cornal" (corniole) si sono resi conto troppo tardi che erano entrati in un prato recintato di tua proprietà... è stato un bel casino tirarli giù dalla pianta.

Ma come in ogni storia di divertimento puro tra maschi prima o poi arriva una lei, e cazzo se mi dispiace non essermene accorto prima e non aver fatto di più per tenertela lontana, ma non mi sono accorto di quanto si stesse insinuando tra noi.

Ci ha provato due volte a separarci, ma per fortuna, e per merito tutto tuo, senza successo.

Alla fine però ci è riuscita a rovinare tutto, e dal più profondo del cuore devo proprio dirtelo: "VAFFANCULO signora morte".

mercoledì 9 luglio 2014

Figli e ristoranti

Ogni tanto mi capita di uscire a mangiare una pizza con qualcuno e devo dire che la maggior parte delle volte mi diverto pure, purtroppo qualche volta succede di imbattersi nel gruppo di mamme 2.0, quelle moderne diciamo.

Questo gruppo di mamme esce la sera da solo, forse lasciando a casa i mariti.

I più maliziosi penseranno che questi, se esistono, chiameranno qualche rumena "tuttofare", ma per me si chiudono in casa godendosi il silenzio più assoluto interrompendolo solo ogni tanto con una fragorosa scorreggia che annuseranno dedicandola alla petulante consorte.

Fin qui si potrebbe anche sopportare, nonostante le irritanti suonerie che fanno partire ogni minuto e le risatine stridule, il vero e insopportabile problema è che queste signore hanno al seguito i figli.

E cosi questi nani fastidiosi gridano e corrono su e giù per il locale con le loro macchinine fingendo che sia la pista privata, urtando e spingendo la gente agli altri tavoli.

Se poi ti urtano facendo veramente qualche danno al massimo ti fanno un sorrisetto ebete, quello che forse le ha procurato quel maledetto campione di sperma, e chiedono se per caso il bambino ha dato fastidio.

Ma nooo si figuri, la seconda birra l'avevo ordinata già versata sopra la metà pizza che dovevo ancora mangiare, quella seconda birra che mi serviva per iniziare la sbronza e smettere di maledire il giorno in cui tuo marito ha dimenticato il preservativo.

Quindi è inutile richiamare all'ordine il genitore che controlli il marmocchio, queste continuano a nascondersi dietro quelle solite frasi fatte: "son bambini", "a casa è tranquillo " o "Gigetto lascia in pace il signore con la balestra e la bava alla bocca".

Non capisco perché se queste donne hanno un inconveniente mentre perseguono la causa umanitaria, legittima per carità, di combattere la fame di figa nel mondo, io debba sopportarlo per tutta la cena.

Se poi nel parcheggio andandomene dovessi investire tuo figlio mentre gioca a nascondino non incazzarti, anzi io al posto tuo mi sarei offerto anche di pagare i danni alla macchina.



Quando uno è in mezzo ai coglioni è in mezzo ai coglioni; come me prima a cena.

martedì 31 dicembre 2013

Mors tua vita mea

Un poco di tempo fa ho avuto la sfortuna di trovarmi a cena con dei vegani.
Ognuno è libero di fare le scelte che vuole, per quanto possano essere stupide, la cosa fondamentale di queste scelte però dovrebbe essere non cacare il cazzo agli altri per averle fatte, concetto che ovviamente sfugge alla maggior parte dei vegani.
All'antipasto con le bruschette tutti iniziavano a pregustare un pasto con un poco di sapore, ma già alle lasagne senza carne ogni speranza era scomparsa.
Tutta la cena è stato una mattanza di verdure, qualunque essere vivente che non abbia avuto la possibilità di camminare è stato abbattuto e cucinato in quel vestito macabro di vegani.
Praticamente un vegano è un razzista naturale, oltre all'evoluzione degli sfigati che non riuscivano a cacciare nel passato, discrimina gli esseri viventi in base alla mobilità e alla capacità di comunicare, spero non incontrino mai un paraplegico muto o potrebbe finire a insaporire una lasagna vegana.
Oltre al fatto innegabile che se un domani i pomodori iniziassero a camminare i vegani morirebbero di fame, c'è anche anche il fatto dei vestiti, non indossano nulla che venga dallo sfruttamento degli animali compreso il cuoio o la lana.
Tutti i vestiti che possedevano erano sintetici, in ecopelle o fatti di canapa, dato che indossavo un maglione di lana fatto a mano da mia nonna mi sono sentito un poco tirato in ballo, così mi sono messo a fare due conti alla buona: mia nonna al negozio di lana ci va a piedi e poi lavora a mano, anche la sua macchina da cucire è di quelle vecchie a pedali, mentre la maglia che indossava il vegano era ordinata su internet e fatta con canapa che non sapeva dove arrivava, quindi tra il trasporto della lana e il trasporto della canapa grezza, della lavorazione e del pezzo lavorato nonna batte vegano 10 a 1, oltre al fatto che tosare una pecora non è una tortura, ma un aiuto all'animale.
A fine serata ho raggiunto la conclusione che un vegano pesa sull'ambiente molto più di un normale onnivoro che presta un poco di attenzione a non inquinare troppo, insomma tra la produzione e il trasporto di materiali sintetici, ecopelli, vestiti di canapa e lo sterminio di ogni cosa non si muova, essere vegani è una tortura ambientale, per salvare una mucca contribuiscono pesantemente al surriscaldamento globale e alla morte di orsi polari e pinguini ai poli.
E soprattutto non avrei perso tempo in questi ragionamenti se i vegani non stressassero così immensamente la minchia a chiunque addenti una costina di maiale.

mercoledì 18 settembre 2013

Mode social\3

Ogni giorno un sacco di gente al mondo muore, succede, non c'è molto da fare apparte piangere e ricordare i propri cari.

Capita a volte che qualcuno di questa moltitudine di morti, per un motivo o per l'altro, sia più o meno famoso, ed è qui che scatta un fenomeno strano tipico dei social network, il dover palesare al mondo il proprio dolore.

Nonostante non si sia mai conosciuto il personaggio o non lo si abbia mai seguito nella sua carriera, fino ad arrivare a chi magari lo ha sempre odiato e perculato in vita, appena muore diventa l'idolo delle masse e riceve dai fans più attenzioni di quelle che questi abbiano mai dedicato ai loro parenti defunti.

Migliaia di twit, stati su fb ed immagini di profilo cambiano, come se al mondo non ci fosse stato nessun'altro, un successo atteso una vita che arriva solo un minuto dopo la morte.

E così scatta una gara a chi mette più like a stati commemorativi o condivide più foto o scrive twit originali, pensieri che durano almeno fino alla prossima vittoria della squadra del cuore o della prossima festa con amici.

Ma se cercate di farlo notare, o peggio a dite qualcosa di negativo sul defunto, verrete travolti dalla coscienza di massa, fenomeno tutto social, dove chiunque metta in gogna il malpensante viene spalleggiato e spinto ad andare avanti portando il pensiero collettivo della mandria.

Così ci si ritrova ad avere gente a sua volta minacciata di morte dolorosa, di menomazioni fisiche, di linciaggi o di auspici sulla perdita parenti così da soffrire come le famiglie del famoso.

A questo punto però sorge una domanda... se io malpensante divento famoso per aver detto un mio pensiero contrario alla coscienza di massa e poi muoio sul serio verrò idolatrato e ricordato dai social? o c'è modo e modo di diventare famosi e poi morire?


A proposito di morire e salire al cielo, negli ultimi tempi le celebrità sono state mandate dalla massa ad "insegnare agli angeli a....", ma nessuno ha mai pensato che se tutti sono in paradiso per insegnare non abbiamo mai mandato su nessuno ad "imparare dagli angeli a...."? Stiamo creando un paradiso di insegnati disoccupati, come se sulla terra non ce ne fossero a sufficienza.

Ecco che qui arrivo io, col mio non sapere un cazzo! Se nella vita il non studiare è un peso ecco che nella morte rivela tutta la sua utilità.

Quindi se amate veramente questi idoli morti non studiate! quando morirete di stenti potrete palesargli il vostro affetto imparando da loro qualcosa.

Sempre che voi non siate all'inferno e loro in paradiso..

giovedì 20 giugno 2013

Vita in ufficio


Passando circa 8 ore in ufficio può capitare di avere l'impellente necessità di usare il bagno comune che c'è sul piano.

Una volta da qualche parte avevo letto che alle donne, stando molto tempo insieme, si sincronizza il ciclo: possibile che agli uomini si sincronizzi la vescica? O c'è uno che si chiude in bagno ogni volta che mi alzo dalla sedia? E come fa a sapere quando devo andare? Non credo di avere sensori di peso sotto la sedia, ho anche controllato e provato a cambiare sedia.

Forse quello è proprio l'ufficio di qualcuno: a volte gentilmente esce giusto per il tempo a noi utile a espletare le necessità e poi rientra, dando un significato concreto alla frase "Non ti pago per fare certe cagate" che si sente urlare ogni tanto in corridoio.

Passando di tanto in tanto davanti a quella porta perennemente chiusa, capita anche di sentir parlare gente, una sola voce però, e comunque niente di interessante da origliare tipo gemiti o sospiri, quindi o loro non hanno ben capito come si usa il bagno o io è anni che piscio in una cabina telefonica. Da sobrio.

Se dovete telefonare e non volete che il capo vi senta, non potete uscire dallo stabile invece di chiudervi al cesso? Così almeno evitate di fare la solita cosa che fa un uomo quando è solo e nessuno lo vede: scaccolarsi e attaccarne il prodotto ovunque. È possibile stabilire quanto noiosa fosse quella telefonata dal numero di caccole nuove attaccate sulle piastrelle.

Quelle poche volte che si riesce ad entrare in un cesso, gli scenari che può presentare sono infiniti e schifosi, d'altronde se era libero un motivo c'era.

Lo scenario più comune è il così detto "Mar Morto": nonostante una tazza di dimensioni standard, molti uomini del mio piano riescono inspiegabilmente a mancarla, non parlo del primo schizzetto che dopo ore seduto potrebbe non essere proprio a fuoco, o di qualche goccia dovuta ad una sgrullata troppo vigorosa, ma di riversare fuori tazza circa il 90% dell'acqua contenuta nel corpo umano, tant'è che per scoprire l'esecutore di tal versamento basterebbe controllare chi assomiglia più a un chicco di uva passa che a un uomo.

Altra situazione molto comune è la presenza, e persistenza, di un odore che farebbe desistere dall'entrare anche un incontinente che ha degustato un campionario intero di diuretici.
Certi odori hanno del sovrannaturale, non esistono in natura, devono essere frutto di esperimenti che la direzione effettua su di noi tramite il servizio mensa, non bastano due porte chiuse a contenerli.

Questi odori si muovono sul piano come dei ninja assassini pronti a colpire silenziosi la ignare vittime, motivo per cui l'ufficio direttamente di fronte al bagno è sempre vuoto nonostante sulla carta ci lavorino almeno sette persone.

Per non parlare di quelli che dimenticano totalmente come si usa uno sciacquone lasciando campioni di urine o feci sparse qua e là, come se fosse un laboratorio di analisi.

Ma i peggiori di tutti sono i colleghi degli altri piani che, dato che il mio è un reparto con una percentuale di gnocca pari alla quantità di ghiaccio sul sole, vengono a scaricare le loro coliti croniche nel nostro bagno.
Tanto chissenefotte se uscendo da quello che una volta era un cesso e ora è una zona di quarantena paragonabile a Chernobyl incontri un altro uomo, tanto quello mica te lo vuoi scopare.

Beh, cari colleghi, per le possibilità che avete di trombarvi la vostra vicina di scrivania potreste tranquillamente prendere il cestino della carta e farla direttamente in mezzo all'open space.
E forse le aumentereste.

martedì 11 giugno 2013

Posti riservati

Non c'è stato nulla da fare.

Era impossibile da evitare date le mie condizioni.

Ho saltato la barricata e sono passato dall'altra parte.

Dato che dopo l'operazione ho un tutore che mi contiene tutta la gamba e mi limita fortemente i movimenti ho potuto usufruire di quei famigerati posti riservati sul bus, quelli per anziani, portatori di handicap o con menomazioni.

Ho quindi potuto sedermi li ed entrare in quell'élite riservata a pochi di mugugnatori professionisti, quelli che passano il tempo a sparlare alle spalle di gente che non si alza per cedere il posto ai vecchietti che salgono.

Mi sono così trovato a parlare con gente molto più vecchia di me sui ragazzini maleducati, "Bociazzi" in dialetto, che fanno finta di non vedere l'anziano con le stampelle che di trova in piedi accanto a loro, ho potuto parlare male di loro ad alta voce nel pieno dell'approvazione popolare.

Guardarli in faccia mentre li mettevo sulla pubblica gogna, e, ad ogni piccolo accenno di difesa che provassero a tirare fuori, vederli essere martoriati dagli altri passeggeri.

Ho assaporato il gusto di essere giudice giuria e boia con approvazione di tutti.

Ho potuto anche fare la scena di alzarmi, stampelle in mano e saltellante, per far posto ad una signora che si reggeva a malapena in piedi per poi fissare il "bociazzo" con aria di sfida, attirando su di lui tutte le male parole di 10-15 altre persone, nonostante anche loro fossero sane e comodamente sedute...

Così nel mezzo della pubblica gogna ha dovuto lasciarmi il posto e scendere, visibilmente rosso in volto, a quella che credo non fosse neanche la sua fermata.


Ho assaporato quel potere riservato a gente di una certa età, spero di riuscire a farne a meno dopo che mi avranno tolto il tutore.

Oppure dovrò indossarlo per tutta la vita fino alla vecchiaia.

venerdì 31 maggio 2013

Ospedale

Sono da poco uscito dall'ospedale dopo un'intervento ad un legamento del ginocchio, era da molto che non mi ritrovavo ricoverato per alcune notti in ospedale ed avevo dimenticato le gioie ed i dolori della vita in corsia.

Il primo impatto devastante lo si ha con gli orari ospedalieri dettati forse dai cambi turno o forse solo da un sadico insonne.
La sveglia è alle 6 quando un gruppetto di infermieri entra in camera accendendo le luci e alzando le tapparelle e, se è possibile, facendoti alzare dal letto per cambiare le lenzuola, non importa se magari non potevi alzarti, se fisicamente ti reggi sulle gambe quei cinque minuti per il cambio lenzuola non ti faranno male.

Dopo il cambio lenzuola arriva il gruppo bidet, ti aiutano a lavarti nel caso tu non riesca da solo ad arrivare al bagno, ho notato che non c'è nulla che faccia recuperare l'uso delle gambe ad un gruppo di operati al ginocchio come degli inservienti gay che vogliono lavarti la sotto.

Che poi non capisco il perché, insomma è meglio farsi lavare da qualcuno a cui piace farlo, farà sicuramente un lavoro migliore di qualcun'altro costretto controvoglia.

Dopo aver svegliato tutta la corsia prima dell'alba e aver lavato tutti arriva il momento di.... niente, per due ore, fino alla insipida colazione che mangi solo perché ti hanno tenuto a digiuno un giorno intero per l'operazione.

Una giornata intera così, il nulla più totale, intervallato solo ogni tanto da un termometro nell'orecchio (effettivamente su questo poteva andare peggio) o una mezz'ora di fisioterapia passiva.

L'unico evento che da un po' di adrenalina alla giornata sono le pisciate nel pappagallo del vicino di letto bloccato purtroppo verso di te, dato che riesce a metterne dentro circa l'80% di quella che effettivamente fa, ti trovi a pregare che la sua prostata sia abbastanza compromessa da non dare abbastanza pressione a quel 20% che esce per raggiungere il tuo letto.

Tutto questo con l'accompagnamento in sottofondo del dolore post-operatorio che diventando costante un poco si attenua da solo, l'infermiera ci ha anche consigliato di tenere la gamba fuori dalle coperte per calmare ulteriormente il dolore.

Purtroppo il mio sistema nervoso non ha potuto apprezzare i vantaggi della variazione di temperatura dai 18 gradi sotto le coperte ai 17 e mezzo esterni, dato che la dotazione estiva, cui l'ospedale è già passato, prevede solo un singolo lenzuolo per dormire...

Ma è arrivata la notte che la vera movida di corsia comincia.

Dalle otto e mezza, quando mandano via i parenti e spengono le luci, ha il via un balletto interminabile che vede le infermiere saltellare di camera in camera a svuotare pappagalli, girare pazienti nel letto e cambiare flebo oramai essiccate, il tutto ritmato dai vai campanelli di chiamata.

Mi domando come mai verso le una di notte, al centesimo pappagallo svuotato, queste non girino con siringhe di Roipnol a sedare tutti e lasciare che si piscino addosso, tanto sarà un problema poi del turno di giorno.

Come se non bastassero le continue irruzioni in camera delle infermiere, a tenerti sveglio ci pensano i tuoi compagni di stanza.

Gente che al click dell'interruttore vengono colpite contemporaneamente da catalessi e da bronchiti, raffreddori, catarro ecc.. e cominciano un concerto di ronfate e colpi di tosse degni di una segheria a pieno regime.

Io quando devo dormire a pancia in su russo, lo so, me lo hanno rinfacciato tante volte, e mi piacerebbe molto rendergli il favore di almeno una notte insonne, ho provato anche ad addormentarmi già dalle sette di sera con Studio Aperto, ma niente.

Appena chiudo gli occhi il mio cervello inizia a macinare cazzate, come il testo che sto scrivendo, e non mi lascia dormire in tempo per la battaglia di motoseghe.

Così di notte mi ritrovo ad appallottolare i tovagliolini di carta avanzati dalla cena e a tirarli verso le vie respiratorie degli altri così da poter dormire.

Per il prossimo ricovero devo affinare la mira.